Fonte: “Il Familiarista” Giuffrè ed.
Se il coniuge bisognoso non riceve l’assegno di mantenimento dall’ex, dal 1° gennaio 2016 lo pagherà lo Stato. Lo prevede la legge di Stabilità. La modifica istituisce, in via sperimentale, un Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno. La novità risponde all’esigenza, che in un periodo di crisi è divenuta emergenza, di supportare il coniuge debole che – a causa della facilità tutta italiana con cui si possono non pagare i propri debiti – spesso non riceve quanto pattuito dal giudice.
Come funziona.
La norma approvata dispone che il coniuge separato – titolare di un assegno di mantenimento non pagato dall’altro – se in stato di bisogno e non in grado di mantenere neppure i figli minori o maggiorenni portatori di handicap, possa presentare al Tribunale di residenza domanda per ottenere dallo Stato l’anticipazione, in tutto o in parte, delle somme dovute e non percepite. Il Tribunale, entro 30 giorni, può respingere la domanda con un provvedimento non impugnabile, oppure, se reputa sussistenti le condizioni di accesso, trasmetterla al ministero della Giustizia, che determina le modalità di erogazione degli importi. Lo Stato, poi, potrà rivalersi sul coniuge moroso.
In attesa dei decreti attuativi, si può supporre che alla domanda si debba allegare:
1) il provvedimento, anche provvisorio, con cui il Tribunale ha fissato l’assegno di mantenimento del coniuge e quello dei figli;
2) la documentazione attestante il mancato pagamento (dovrebbe essere sufficiente l’atto formale di intimazione al debitore del pagamento);
3) tutti gli elementi atti a dimostrare lo “stato di bisogno” e l’impossibilità di mantenere i figli.
Le criticità.
L’attuale formulazione della norma presenta qualche criticità.
Non può essere condivisa, innanzitutto, la limitazione di fruibilità del Fondo al solo coniuge separato con figli minori o portatori di handicap, conconseguente esclusione di quello divorziato, spesso più bisognoso di tutela. Nei fatti, non saranno tutelati, poi, neppure i figli maggiorenni non indipendenti, quelli con genitori divorziati o semplicemente ex conviventi; in questo, la scelta governativa segna una vistosa retromarcia rispetto al principio di non discriminazione dei figli che ha informato le ultime novità legislative dal 2012 in poi.
L’anticipazione statale, poi, non spetterà neppure a tutti i titolari di un assegno di separazione ma solo a chi versa “in stato di bisogno” e, cioè, a chi può dimostrare non solo di non avere un reddito, anche minimo, ma anche di non poter assolutamente provvedere alle proprie esigenze base di vita (casa, cibo, medicine) e a quelle dei figli.
La necessità di questa valutazione apre la porta a un’ulteriore criticità: in un momento in cui si cerca di portare fuori dal sistema Giustizia, di per sé al collasso, il contenzioso, si aggiunge ai Tribunale un’altra competenza peraltro non agevole da gestire.
Il tutto a tacere dal rischio di abuso: visto che sarà lo Stato ad anticipare gli assegni di separazione, non si può escludere, nella patria dei falsi invalidi e delle separazioni per motivi fiscali e per frodare i creditori, che qualche coppia si accordi per ottenere una forma di sussidio non dovuto.
Dai furbetti del quartierino a quelli “dell’assegnino”.